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L'uomo senza cappello e la donna con le scarpe grigie

 

Capitolo 2

 

La donna con le scarpe grigie (vai al paragrafo 2.1) era alla guida della sua Punto rossa: sull'ampio viale stava andando verso il centro della città e guidava entro il limite di velocità, come suo solito. Era nella corsia di sinistra, e la sua attenzione fu attratta dagli specchietti retrovisori: i fari dell'Audi dietro di lei si accendevano e spegnevano: erano innervositi per la, secondo loro, bassa velocità a cui erano obbligati. Anche il clacson iniziò ad innervosirsi, e prese a suonare come è abitudine dei clacson. A questo punto era tutta l'auto dietro ad essere nervosa: si mise a mezzo metro dalla sua, ondeggiò alternativamente a destra e a sinistra cercando un varco per un sorpasso impossibile, potendo solo scegliere tra uno scontro frontale multiplo con decine di auto oppure la compenetrazione con la fiancata dell'autobus 42. Il semaforo dell'incrocio da verde si fece giallo, la donna spostò rapidamente la scarpa grigia sul pedale del freno e l'auto si fermò.

Ma subito dopo, con un botto, fece un balzo imperioso in avanti: era stata tamponata.

L'Audi eruttò l'uomo senza cappello, con la faccia rossa e le braccia roteanti.

- Macomeguidistronza? Intralci la strada inchiodi senza motivo non devono dare la patente a chi non sa guidare come te. E ora? Guarda che danni mi hai fatto.

- Ma lei è pazzo! Ma lo sa che ci sono i semafori al mondo? E che col giallo ci si ferma? E si può sapere dove sta andando così di fretta, che non può aspettare un solo secondo dietro a un'auto? A vedere Gerriscotti alla televisione? Ora si calmi, e poi mi firma il CID, anche se di amichevole io non ci vedo proprio nulla. O se preferisce chiamo i vigili.

- Ma chiamali i vigili che io non ti firmo proprio niente, chiamali che è meglio che se no ti spacco la faccia a forza di botte.

 

La donna con le scarpe grigie appariva glaciale, ma non riusciva a fare il numero sul telefono per quanto le tremavano le dita sulla tastiera. Ricordava vagamente di avere visto quell'ossesso fragoroso in un'altra occasione, ma non sapeva dove, e comunque ne ricordava solo il volto, nonostante la trasfigurazione attuale. Era sicura di avere solo condiviso l'aria con quel tipo insopportabile, e nulla di più, e questo la faceva stare un po' meglio. Alla festa dei funghi! Ecco dove l'aveva visto prima. Nel frattempo alcuni passanti si erano avvicinati e avevano calmato a fatica l'uomo senza cappello, e grazie a qualche suggerimento esterno quest'ultimo cominciò a intuire che forse aveva l'esclusiva del torto in quell'incidente. Si avvicinò alla donna e urlò.

- Tira fuori 'sti fogli che non ho tempo da perdere io (vai al paragrafo 2.2).

La donna era divisa tra due pulsioni: chiudere la storia con la dichiarazione congiunta e cercare di dimenticare quel brutto momento, oppure: continuare la lite, chiamare i vigili, e fargliela pagare a quell'energumeno. Non le piacevano le contrapposizioni cieche, non amava le competizioni a chi urla di più, a chi è più prepotente, amava invece vincere con la ragione e con la giustizia. E specialmente non sopportava le cosiddette questioni di principio. Decise di evitare spiacevoli strascichi: entrò in auto, compilò con la mano molto meno tremante il foglio e lo porse all'uomo. Questi neanche guardò cosa aveva scritto, forse finalmente conscio che peggio di ciò che aveva fatto non poteva essere stato riportato sul foglio, finì di compilare i suoi dati, firmò, prese una copia del foglio, salì sull'auto e se ne andò senza una parola, ma con tanto rumore di gomme e di motore.

 

La donna rimase qualche secondo in mezzo alla strada, dove aumentava sempre di più il caos, anche nella città semidesertica di quel giovedì di fine luglio. Non era arrabbiata, solo nervosa e infastidita: sentiva che avrebbe incontrato nuovamente quell'essere, e ne avrebbe fatto volentieri a meno.

 

Capitolo 3.

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